Sono pochi i prodotti ittici certificati, per un Paese come l’Italia, praticamente circondato dal mare, mentre l’IG potrebbe essere la chiave per creare un enorme valore aggiunto al prodotto in termini di riconoscibilità dentro e fuori i confini italiani, e di tutela rispetto a eventuali concorrenze sleali da parte di prodotti proposti come simili. Molto diverse le esperienze e le problematiche delle sei produzioni ittiche certificate in Italia, dalle Acciughe sotto Sale del Mar Ligure IGP che a 13 anni dalla registrazione del marchio europeo, continuano a essere quasi introvabili, una sorta di marchio fantasma nonostante l’entusiasmo e l’impegno iniziale per ottenere la certificazione, alla recentissima registrazione della Colatura di Alici di Cetara DOP, specialità della nota località della Costiera Amalfitana, che nei prossimi mesi, come ha annunciato Lucia Di Mauro, presidente dell’Associazione per valorizzazione della Colatura di Alici di Cetara, avvierà la produzione, che porterà la DOP sugli scaffali già nel 2021. Poi ci sono realtà come la Cozza di Scardovari DOP, il Salmerino del Trentino IGP, la Tinca Gobba Dorata del Pianalto del Poirino DOP e le Trote del Trentino IGP che Consortium ha contattato per fare un’istantanea del comparto ittico certificato italiano.

Cozza di Scardovari DOP

La pregiata Cozza di Scardovari DOP è destinata a scomparire se non saranno fatti al più presto degli interventi nella Sacca di Scardovari. Servono urgentemente lavori di vivificazione in Sacca altrimenti il mestiere del vivaista di mitili sparirà con tutto ciò che ne consegue. “Purtroppo se ne parla da anni – afferma Paolo Mancin presidente del Consorzio tutela della Cozza di Scardovari DOP – ma non è stata ancora trovata una soluzione adeguata. Stiamo seriamente rischiando di perdere non soltanto la nostra attività ma anche il futuro dei nostri giovani che qui potrebbero trovare uno sbocco lavorativo, grazie a un prodotto pregiato e rinomato per storia e caratteristiche”.

La Cozza di Scardovari DOP è un mitilo dalla conchiglia liscia e allungata, che può raggiungere i 110 mm di lunghezza. L’allevamento è svolto dal 1970 dalle famiglie del Polesine, con diversi passaggi manuali. Questo, unitamente alle caratteristiche dell’acqua, dà vita a un prodotto diverso dagli altri, con carni particolarmente gustose e apprezzate durante il periodo primaverile-estivo quando l’animale è più grasso.

Presidente Mancin, quest’anno è stato particolarmente difficile per il settore, quasi completamente bloccato dal Coronavirus mentre ancora c’era da lavorare. Come è la situazione adesso?
Quest’anno, nonostante il blocco del Coronavirus, grazie all’apertura estiva del settore turistico e della ristorazione, siamo riusciti a vendere totalmente il nostro prodotto. Abbiamo avuto la fortuna che le temperature dell’acqua all’interno della laguna di inizio estate fossero davvero perfette, pertanto la commercializzazione della Cozza di Scardovari DOP si è prolungata fino a fine luglio. Tuttora stiamo seminando i nostri impianti per la produzione 2021.

La Cozza di Scardovari è il primo mollusco italiano ad aver ottenuto la certificazione DOP nel 2013. Da allora c’è stato un incremento di produzione grazie alla denominazione?
Diciamo che un incremento c’è stato grazie al marchio, ma purtroppo oltre a dover combattere la concorrenza sul mercato, la nostra produzione dipende tantissimo dagli eventi climatici. Sicuramente la qualità e la promozione sono le uniche strade percorribili per competere nel mercato globale.

Secondo voi è sufficientemente promosso, valorizzato e difeso il nostro “made in Italy” ittico?
Qualcosa è stato fatto ma purtroppo i nostri prodotti sono sempre più contraffatti e poco valorizzati, soprattutto all’interno del mercato italiano. Bisogna quindi che gli enti interessati si impegnino a promuovere sempre più i prodotti italiani.

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Fonte: Consortium 2020_04 – Fondazione Qualivita