Il Delta del Po è un territorio modellato e rimodellato non solo dall’opera di un fiume, il Po appunto, ma anche dal lavoro instancabile dell’uomo, con le sue operazioni di sistemazione idraulica e di bonifica dei terreni. Un impegno immenso, ripagato dalla soddisfazione di ottenere buoni frutti da quella terra così prolifica per cui, qualsiasi cosa si è andata coltivando, ha dato record di produzione. E la tenacia di tener testa a rovinose alluvioni e mareggiate che non hanno esitato a presentarsi nel corso del tempo, ripartendo ogni volta da capo.  

Queste sono le condizioni con cui contadini e pescatori hanno imparato a convivere, facendo tesoro delle peculiarità del territorio, tra la campagna con i caratteristici paleoalvei (dossi sopraelevati, disegnati sul terreno da remoti corsi d’acqua), dune fossili, argini, golene, valli di pesce, sacche (lagune) e scanni.

La Sacca degli Scardovari
La Sacca degli Scardovari è una laguna situata nel versante veneto (RO) del Parco del Delta del Po (riconosciuto dal 2015 come Riserva di Biosfera Mab Unesco) che si è formata con il continuo rimodellamento della linea costiera, dovuto all’evoluzione del Delta stesso. Si presenta come un vasto specchio d’acqua, di profondità media di un metro e mezzo, racchiuso tra due foci del Po, Po di Gnocca e Po delle Tolle, attraverso cui comunica – protetto da sottili lingue di terra e banchi di sabbia – con il mar Adriatico. Questo consente un continuo scambio tra acqua salata e acqua dolce (bassa salinità), fattore che, insieme ad altri, si è rivelato assolutamente favorevole per l’acquacoltura. 

La comunità di pescatori e la sua intraprendenza
È il 1870 quando alcune famiglie di pescatori si insediano in zona, precisamente su un bonello (isolotto di sabbia), dove costruiscono capanne di canna palustre e, senza avventurarsi nell’Adriatico, si limitano a pescare in loco la scardova, pesce d’acqua dolce, che darà il nome alla frazione. Poco a poco la comunità cresce e viene strutturata in villaggio, connotato dalle tipiche cavàne (case su palafitte), grazie alla nascita, nel 1936, di una cooperativa di pescatori, denominata Delta Padano. In quella fase viene arginata con il sasso, per quasi 18 km, la Sacca di Scardovari.
Dopo l’alluvione del 1966 cambiano di nuovo le dinamiche: la Sacca viene completamente banchinata per proteggere le aree retrostanti e, considerando le favorevoli condizioni dell’acqua ma non solo, si fa strada l’intuizione di iniziare a sperimentare l’allevamento di mitili in piccoli vivai all’interno della Sacca, come alternativa alla pesca in mare.
L’attività nel tempo prende piede e nel 1976, per mettere in relazione fra loro le diverse cooperative sorte nel frattempo,  si costituisce il Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine Organizzazione Produttori, che consolida l’impegno in direzione della molluschicoltura (vongole veraci, cozze e ostriche rosa), coronato nel 2013 con il riconoscimento della denominazione di origine protetta per la cozza di Scardovari, unica cozza autoctona allevata in Italia a partire da un seme italiano il cui ciclo vitale è l’ottenimento della certificazione biologica (ciclo vitale sostenibile che avviene in acque incontaminate con un microclima ideale)

L’attività di molluschicoltura più importante in Italia
Oggi il Consorzio, costituito perlopiù da nuclei familiari, conta 1500 pescatori di cui ben 700 donne e molti giovani, figli o parenti dei soci (perché qui il mestiere si tramanda ancora!), è primo in Italia nel settore della molluschicoltura e primo nella provincia di Rovigo come realtà imprenditoriale per numero di occupati. Nel grande orto marino, perché così appare la Sacca degli Scardovari, a ciascun pescatore viene assegnato un appezzamento per la coltivazione di molluschi, che va a disegnare un vero e proprio paesaggio, tra filari e trespoli che fuoriescono dall’acqua.
Come le cozze vengono appese a trespoli in apposite reti e restano sommerse nelle acque salmastre e basse della sacca, così le ostriche rosa – altra specie autoctona oltre alla cozza di Scardovari –  sono allevate in filari sospesi sull’acqua, alternando immersione in acqua ed esposizione all’aria, sistema che simula le maree atlantiche, mentre le vongole veraci vengono seminate sui fondali sabbiosi e poi raccolte con rastrelli appositi.

Le peculiarità della Cozza di Scardovari DOP
Un rigido disciplinaredetta i criteri di selezione delle Cozze di Scardovari DOP a partire dal fatto che debbano essere necessariamente seminate, allevate, raccolte, lavorate (una prima lavorazione avviene nelle cavane lungo gli argini della sacca) e depurate solo all’interno della Laguna di Scardovari (la Sacca di Scardovari e i territori della frazioni di Scardovari, Cà Mello e Santa Giulia a Porto Tolle, in provincia di Rovigo)
Inoltre devono essere caratterizzate da:
– peso della polpa maggiore del 25% sul peso totale del mollusco
– una peculiare dolcezza delle carni dovuta al basso contenuto di sodio (210mg su 100 gr di prodotto)
– carni particolarmente morbide e fondenti con elevata palabilità
Nel 2022 dei 25 mila quintali coltivati nella Sacca di Scardovari ne è stato selezionato e venduto come DOP un migliaio di quintali.

Il gusto-pensiero della chef Maria Grazia Soncini
Entrando nella sfera del gusto, abbiamo voluto chiamare in causa una nota ristoratrice e chef, Maria Grazia Soncini della Capanna di Eraclio, che è originaria di Goro e considera tutto il Delta del Po la sua casa e delle cozze in senso più ampio (non solo quelle autoctone di Scardovari che hanno una loro stagionalità da maggio a luglio), ha quella conoscenza, cultura, che ogni bravo cuoco dovrebbe avere dei prodotti che utilizza. “Le Cozze di Scardovari DOP – ci spiega – le trovo particolarmente morbide: rimangono come soffici rispetto alle altre, che hanno una masticabilità diversa. Altro aspetto non trascurabile è che sono succose e dolci, pur essendo sapide. Sono pure particolarmente grandi e devo dire che quest’anno le ho trovate strepitose, ancora più buone del solito. Io, che sono una golosa, amo assaggiarle mentre si stanno aprendo sotto il coperchio in padella, quando sono ancora molto umide. Scelgo le due più grosse e me le gusto. Quest’anno ho proposto gli spaghettini con le Cozze di Scardovari DOP, cubetti di datterini gialli, erbe aromatiche e crumble piccante all’acciuga, una ricetta che mi ha restituito soddisfazione. Ci sono clienti che sono tornati per questo piatto. Uno, addirittura, me l’ha ordinato a fine pasto!”.

Un bene sempre più prezioso
Tutto ciò a cui viene attributo valore, pregio, viene definito come un bene.
La Cozza di Scardovari lo è per la tenacia di chi l’ha voluta proprio lì, per gli incredibili risultati che ha raggiunto, per la sua straordinaria bontà che allieta i nostri palati. E per l’orgoglio che deve alimentare in noi il pensiero di avere simili unicità dentro il nostro Stivale.
I beni tuttavia, forse per definizione, sono attaccabili, per cui accade non infrequentemente che emerga a un certo punto qualche minaccia per la loro incolumità. È accaduto recentemente anche alla Cozza di Scardovari DOP, che ha visto ridursi la propria stagionalità da tre a due mesi (giugno e luglio), e un acuirsi dell’invasione, nella Sacca di Scardovari, del granchio blu – specie aliena invasiva approdata nell’Adriatico dall’Atlantico la cui presenza è letteralmente esplosa nelle lagune del Delta del Poe nel litorale marino da Ravenna a Caorle –  il più acerrimo predatore di molluschi (in questa zona anche delle cozze veraci e delle ostriche rosa)  a cui, negli ultimi tempi, nemmeno un fitto sistema di cattura sta riuscendo a tenere testa.

Sono molte le iniziative messe in campo a fronte a questa situazione allarmante, a partire dalla forte presa di posizione della Regione che ha chiesto lo stato di emergenza nazionale e ha annunciato che verranno posate 300 nasse per monitorare la diffusione e la distribuzione di questi terribili crostacei. 
È fresca la notizia di una start up di Rimini che ha dato il via alla commercializzazione negli Usa del granchio blu pescato in Emilia Romagna: oltre 15 tonnellate di crostacei partite verso le coste della Florida. Il Ministero dell’Agricoltura ha recentemente accolto la proposta dell’Alleanza Cooperative Pesca e Acquacoltura che prevede, per tutti coloro che ne faranno richiesta, il rilascio di un’autorizzazione straordinaria per tre mesi all’uso di “nasse/cestelli e reti da posta fissa” per la cattura del granchio entro la fascia 0,3 miglia dalla costa e, ove presente, in prossimità della foce dei fiumi.
In Italia ci sono chef che già da tempi non sospetti lo inseriscono nel proprio menu, come la stessa Maria Grazia Soncini “Sono quattro anni che lo propongo, fritto quando cambia la muta (molecato) oppure cotto a vapore, servito come la granseola, ed è buono, piace”. Un’azione che non ha nulla a che fare con la soluzione del problema ma un suo piccolo contributo può darlo. Proviamo solo a pensare se i tanti cuochi di tutta Italia manifestassero la loro solidarietà veicolando il granchio blu nei propri piatti, si potrebbe contribuire a finanziare interventi concreti in questa fase di emergenza.

Fissate la data sul calendario
Ma torniamo al dunque e prendetene tutti nota: quando si approssimerà il mese di maggio  iniziate a chiedere,  ai vostri fornitori le Cozze di Scardovari DOP per giugno e luglio, se vorrete essere stupiti e stupire felicemente i vostri clienti. Ne potrete disporre per un paio di mesi ma siatene certi che proporrete con orgoglio un gran prodotto!
Parola di sala&cucina!

Fonte: https://www.salaecucina.it/